Dalla raccolta <Il fuco e la fica>, Trento 2000
Leggi <La nascita>
… Che posso fare Dio, che posso fare?
Dalle, mio Dio,
un respiro.
Dalle, mio Dio
una pausa dal dolore.
Dalle ancora l’immagine di un prato
e chiamale il padre Pedro
dille che ne hai bisogno adesso
falla camminare con lui sul prato
Dio
ascoltami e fa ciò che ti dico
ti pagherò io dopo – con la mia vita.
Chiamale il padre Pedro
al posto mio
qui sul dolore
vicino alla verità
chiamale il padre Pedro ora
mandami via
fuco io via fuco fuco via fuco
non qui
padre Pedro, io fuco, lei sul prato,
la Luna che la sta crepando, padre
Pedro.
Lascia che torni bambina
prima di questo non ritorno
prima della nascita di sua figlia
dal suo ventre.
Dio del dolore!
Apri a cocci le viscere mie
ed aghi nello scroto!
Ma stendi ed assonna
questa femmina
dalle quiete ora!
toglimi un occhio, o il cuore, la vita stessa
ma fai finire quel suo tormento.
Io l’amo
io fuco del cuore
io l’amo come la terra che dà la spinta
alla genziana, che accoglie il prato.
Io fuco.
Un dilatarsi improvviso e maggiore
un aprirsi di carni
a spacco secco nel sangue che viene copioso
ed il flaccido sacco
ti scivola accanto.
Respiri
e mi chiedi quante sono le dita.
Ma quante sono le dita di un fiore?
T’hanno messo sul ventre
ciò che era dentro il tuo ventre.
V’hanno messe accanto
tu accanto alla Luna
(sento nascere adesso
qui e subito
un flusso simmetrico di sangue
a due
sento nascere tra le tue cosce
e le sue cosce
erezioni sincroniche
godimenti
pensati assieme
lei non ha indipendenza
lei non c’è ancora come un sé
ci siete in due
lei sul tuo ventre.
Dimmi quanto dolore richiede
partorire la storia!
Mi do il tempo d’andare
di scivolare via piano
dispensabile
Come la brezza d’estate.
In me l’autunno
mentre vi vedo in amore.